Ritorno al passato
Oggi è una giornata stupenda, primaverile, e ci voleva dopo una settimana di pioggia. Dopo pranzo ci sono 18 gradi e non ci penso nemmeno a rinchiudermi in casa così prendo la macchina, mi fermo a mettere benzina al Total, apro la capote e prendo la stradina che lascia la statale per salire a S. Vito – Megognano. Dopo un minuto sono già immerso nella campagna, fra viti un po’ sciupate e tutte le olivete insolitamente occupate dai contadini intenti a raccogliere le olive. L’ aria è un po’ fresca ma il sole che picchia ancora con discreta forza sulla testa mi fa un gran caldo così vestito autunnale. In poco tempo raggiungo la Cupola di San Donnino e il più bel colpo d’ occhio di tutto il territorio comunale. Quassù c’è un’ aria magica, è uno dei miei posti preferiti, le macchine che passano sono pochissime e la storia che si respira è unica, dato che poche centinaia di metri più avanti c’è il borgo di Petrognano costruito sui resti di Semifonte, che nel medioevo raggiunse importanza tale da oscurare le potenze di Firenze e Siena motivo per cui fu rasa al suolo. Raggiungo Petrognano e posteggio la macchina proprio davanti all’ ingresso del palazzo padronale della Fattoria, dove la strada si fa stretta stretta e gira intorno alle scale di accesso del palazzo. In mezz’ ora passano si e no 3 macchine, uno è il Giorgini che mi saluta e penso si chieda “che cazzo ci fa Alessio a piedi a Petrognano?”. Ho già la risposta pronta: ma hai mai camminato fra queste case? Io no, ci sono sempre passato in fretta con la macchina ma il posto vale veramente una visita, sembra che il tempo si sia fermato, è rimasto tutto uguale a un secolo fa, poche case hanno ricevuto interventi di ristrutturazione, qualcuna è ridotta a rudere, qualcuna è abitata, la maggior parte è lì a far da casa a polli e fieno.
E passeggiando sbirci dentro le finestre e vedi mangiatoie, attrezzi agricoli strani, camini enormi, travi che chissà da quanto tempo sono li a sorreggere i solai. Sui muretti delle case lungo la strada ci sono incastonati vecchi catarifrangenti, per lo più rimpiazzati da nuovi più moderni , sopra le porte lo stemma della fattoria. Il silenzio regna e ci si sta proprio bene, ti chiedi come ci vivranno i residenti..
Riprendo la Smart e torno indietro imboccando la stradina di San Donnino, ormai tutta asfaltata, vado piano e casa dopo casa, curva dopo curva mi tornano a mente gli anni 1985-1986 che ho trascorso quassù con mia mamma dopo che lei e mio padre si erano separati, avevo 7 anni e mi sentivo grande quassù scorrazzando senza pericoli con i miei amici Michele e Camillo, sicuramente questa esperienza mi ha aiutato a crescere e a formarmi, l’ Alessio bambino è stato sicuramente uno sviluppo dell’ Alessio di Badia a Cerreto e di San Donnino. Fermo la macchina di fronte alla nostra vecchia casa, che ormai è in stato di abbandono, con il tetto franato e recintata per non far entrare nessuno. Ci sono stato altre volte ma non molte, ed ho sempre provato un certo nodo in gola per l’ emozione dei ricordi. La porta è aperta, dietro la rete si vedono le scale in cotto, il magazzino dove tenevo il mio cane, Flipper, sarebbe stato un buon cane da tartufi se non lo avessi viziato con i dolci. Le finestre le hanno tolte, fino a pochi anni fa si vedevano sempre i fiori che mia mamma aveva disegnato sui vetri, e va che non erano di quelli doppi, mi ricordo che c’ era un freddddo di inverno.. mi ricordo che scaldavo le lenzuola prima di andare a letto, ma mi ricordo anche il camino gigante che avevamo in soggiorno, e che nella stanza in fondo al corridoio Vito e i suoi amici avevano allestito una sala prove del loro gruppo, e mi ricordo quella canzone che mi piaceva “Shut up and walk”.
Ora sono seduto sulle scale esterne della casa vicino alla nostra, questa è stata un po’ risistemata e non rischia il crollo, mi ricordo che ci abitavano Massimo e Tina, e mi ricordo la figlia Nunzia che mi piaceva anche se era più grande.. poi si sono trasferiti in paese anche loro, la loro casa si che era più bella della nostra.. ma noi non avevamo un soldo a quei tempi.
Di fianco a me il portone di legno del garage della casa, di un verde acceso, mi sembrava altissimo allora, ora il colore è più sbiadito, mi ricordo che le api ci facevano l’ alveare nell’ angolo in alto e io e Michele, cha abitava li dietro, glielo buttavamo sempre giù e loro lo rifacevano sempre nello stesso punto. Mi ricordo che caldo c’era in estate, e mi ricordo il rumore e la polvere alzata dalle macchine che passavano.
Ci sono stato un bel po’ a sedere li, mi sono ricordato di quando il pulmino ci riportava a casa dopo il tempo pieno e io gli dicevo al pulminista di aspettarmi, il tempo di dire a mia mamma che andavo a casa di Camillo e di venirmi a prendere per cena.. Oggi ho pensato, a come sono ora, ai miei pregi e ai miei tanti difetti, al perché spesso me ne sto per conto mio e le persone il più delle volte mi scappano di mano, al fatto che se ho così tanti ricordi di 25 anni fa vuol dire che non sono poi così tanto giovane, al fatto che ho avuto una vita bella movimentata, molto più di tanti altri, forse più difficile ma bella e bella e bella.
Un fagiano attraversa la strada laggiù dove attraversava sempre
Ecco la colonna sonora di questo pomeriggio